Kamen: la pietra, un legame indissolubile tra gli agricoltori del Carso e la terra natia

  9 Novembre, 2020

Un evento per i 150 anni della Locanda Devetak con le anteprime assolute di vini naturali

Come Glera con metodo ancestrale Vitovska 67 in pietra e Kamen in pietra

Un territorio vissuto, combattuto, crudo, particolare, dal quale è però possibile ricavare l’eccellenza. Nel mondo rurale, nella civiltà contadina, le maggiori difficoltà, la necessità di lavorare una terra a volte improbabile per dimostrare che rappresenta anch’essa una ricchezza, spesso hanno generato il perseguimento della massima qualità e la ricerca di risultati sempre migliori, dell’eccellenza.

Pensare al Carso come a un territorio a vocazione viticola, anche per un giovanissimo studente agli esordi nelle scuole di agraria potrebbe sembrare insensato. Per definizione, il territorio carsico è prevalentemente roccioso, e il sottosuolo è caratterizzato da ampie cavità, che invece di trattenere l’acqua piovana favoriscono il suo deflusso altrove.

Il fatto, poi, che il Carso triestino si trovi sull’altipiano, seppure a poca distanza dal mare, rende il clima particolare e inusuale per terre rivierasche. Eppure le nuove generazioni degli agricoltori del Carso, oramai adulti, hanno inseguito un sogno che ora diviene realtà. E lo dimostrano i prodotti che hanno saputo realizzare.

La cultura più antica, la storia, lontana e recente, ci insegnano che maggiori sono le difficoltà incontrate nel vivere e lavorare la terra d’origine, il suolo natio, più alto e profondo è il legame, il vincolo quasi indissolubile con i luoghi d’origine.

Tant’è che diversi viticoltori, e ristoratori del Carso hanno voluto realizzare le loro cantine scavando cavità nella roccia sottostante le rispettive abitazioni o aziende. Da Edi Kante, antesignano della cantina nella pietra, a Beniamino Zidarich, di Propotto di Duino Aurisina, che sta realizzando un ulteriore livello della cantina nella roccia, al ristoratore Ustili, Agostino Devetak, che altrettanto ha fatto sotto alla sua locanda. La pietra, dunque, è il legame indissolubile tra questi personaggi e la loro realtà. Un legame che hanno voluto trasferire nella qualità dei prodotti, delle lavorazioni, dell’accoglienza. Devetak, ha rilanciato negli ultimi decenni la locanda omonima, fondata dal bisnonno esattamente 150 anni fa, nel 1870, e assieme alla moglie Gabriella, in cucina, ha fidelizzato una clientela ora, per effetto dei fatti della storia prevalentemente italiana, che rifugge dai piatti della cucina fusion e di contaminazione, per ricercare i sapori antichi e genuini proposti con la massima cura e qualità. Per festeggiare i 150 anni, Ustili, che lavora nel ristorante assieme alle quattro figlie tutte impegnate con lui a San Michele del Carso, ha voluto una serata di anteprime di vini locali di aziende piccole e affermate. Che ha chiamato Kamen, in sloveno, Pietra. Pietra, perché appunto nella pietra sono scavate le cantine dei tre viticoltori della serata, pietra perché uno di loro, Zidarich, compie una delle fasi di uno dei suoi prodotti nei tini di pietra. E ha chiamato il vino così. Ma non solo. Veniamo alla serata. Un’insalata di baccalà agli agrumi con verdurine marinate, capperi e maionese all’arancia è stata proposta con l’anteprima del Glera 2015, realizzato con metodo ancestrale da Skerk, di Prepotto di Duino Aurisina. Glera, è il vitigno base con il quale è nato il Prosecco. Ma questo vino presenta la complessità e gli aromi di un’essenza del vitigno. Con il Polpo scottato con riduzione di Vitovska su purea di patate bianche carsoline e cips viola, è stata proposta la Vitovska 67 in pietra di Skerlj, di Sgonico. Dopo le anteprime, vini ormai conosciuti dagli intenditori. Con il Risotto nero Carnaroli riserva San Massimo allo zafferano e la zucca butternut ecco la Vitovska 2013 di Skerlj. Con i Tagliolini all’aglio nero Macino con tagliatelle di seppia e crema di cipolle rosse bio il Kamen 2017 Magnum di Zidarich. Con le Costicine di agnello scottadito al rosmarino su purea di sedano rapa Kasmen 2016 Magnum di Zidarich. Formaggi carsolini, carnici e friulani per assecondare il Teran 2006 di Skerk. Si trattava di vini che hanno dimostrato una grande capacità di mantenere nel tempo le loro carature. Il segreto, come ha commentato l’enologo e giornalista, Claudio Fabbro, sta nel fatto che questi vini non vengono lavorati e chiarificati. Ma se ne conserva intatto il valore naturale. Gli elementi che contengono, e che non vengono eliminati in cantina per inseguire mode oramai superate, favoriscono la conservazione e inibiscono l’ossidazione. Un esempio su tutti, quello del Terrano aperto dopo 14 anni, che conservava, oltre agli aromi e profumi, un colore rubino intatto, indice di giovinezza del prodotto e della possibilità di spingerlo verso una ulteriore longevità.