Isi Benini testimone e protagonista della rinascita e del riscatto

  30 Agosto, 2020

di una città e di una comunità

Dagli anni ’70 e ’80 Udine ha vissuto un rilancio. Un momento di ripresa coronato dal boom economico, rafforzato dagli effetti fortunatamente benefici del terremoto del 1976. Che ha colpito marginalmente la città, anche se ha costretto a lungo i suoi abitanti nelle tendopoli allestite o create spontaneamente lungo le strade principali e negli spiazzi. Ma ha messo in moto un’economia, e la volontà di rinascere e di ripartire. Che dalle zone devastate ha contagiato l’intero Friuli. Isi Benini, dapprima vicedirettore del Messaggero Veneto, poi caporedattore della sede RAI di Udine, è stato non solo testimone di questo processo. Ma ne è stato attore e protagonista. Non soltanto nel settore che forse più degli altri lo appassionava, il mondo rurale, l’enogastronomia, la convivialità. Ma anche nell’intero sistema economico e politico. Per quanto riguarda il settore primario, appassionato e amico dei padri della viticoltura, dalla pianura pordenonese alle vigne di Vitowska del Carso, è stato il regista che ha messo in rete, in relazione tra loro per farsi conoscere, ancor ben prima dell’avvento del web, gli elementi fondanti del Vigneto Friuli, una sua idea e creatura. Nella consapevolezza delle potenzialità che le campagne e le colline friulane, isontine e giuliane potevano esprimere. Grazie a lui, alla sua eccezionale capacità di grande comunicatore, il ruolo di leader mediatico di uno sviluppo che ha avuto la fortuna di concretizzarsi attorno a un’adeguata e potente comunicazione. Una comunicazione specializzata, specialistica, specifica, autorevole. Che ha esportato anche nel mondo le carature delle massime espressioni della creatività friulana. Le salde radici friulane, il sangue romagnolo che scorreva nelle sue vene rappresentavano un mix indelebile e di grande effetto. Che ha permesso al Vigneto Friuli, ma anche al sistema agroalimentare ed enogastronomico, trainanti per l’intera economia regionale, di osare e andare oltre i confini di quello che fino a pochi anni prima sarebbe stato inimmaginabile. Nel suo periodo è nato anche il marchio Made in Friuli, vincente non soltanto tra le comunità di corregionali all’estero, ma anche nell’immaginario collettivo. Su sua iniziativa è nato il Ducato dei vini friulani, sodalizio a volte discusso ma collante tra l’amicale e il ludico di un sistema economico vincente e che funzionava a pennello. Personalmente, è stato un grande maestro di giornalismo e di vita. Ho avuto la fortuna di conoscerlo in due fasi e ruoli significativi. Dapprima potendo recepire le pulsazioni di grande energia che sprigionava da una vita da giornalista vissuta negli anni nei quali l’etere e la carta stampata si contendevano il primato di un’audience attenta e presente. Il caso mi portò nella tendopoli di Viale Tullio, a Udine, a poca distanza da casa sua. 

Prima ne avevo sentito parlare da mio padre, Silvano, che come Isi Benini era stato un anno e mezzo rinchiuso in campo di concentramento in Germania, a Mathausen, mio padre nella Rurh.

In via Tullio la mia passione per i motori mi portò subito a fraternizzare con un suo parente molto stretto. Così cominciai a sognare una vita da giornalista affermato, portato a viaggiare, a spostarsi frequentemente, a conoscere luoghi, posti, personaggi sempre nuovi. Quando fui chiamato in Regione a lavorare per il Presidente della Giunta, l’ufficio di Udine era condiviso con la Redazione RAI, poi con quella di corrispondenza dell’ANSA. E subito, Isi, all’anagrafe Isaia, come lo chiamava fraternamente l’amico e collega Claudio Cojutti, mi coinvolse nella preparazione dei testi per il GR. Poi con l’incarico di corrispondente per la Giudiziaria. “Perché te ga de imparar el mestier”, mi disse sereno e ben sicuro di quello che stava facendo. Da lì, al coinvolgimento nel Ducato dei vini friulani, alla collaborazione per la sua rivista Il Vino, ad altre avventure mediatiche, il rapporto con Benini è andato sempre in crescendo. E mi ha permesso di affinare le qualità di scout del territorio e delle sue carature. Mi ha inoculato quella molla interiore della curiosità mai sopita e inarrestabile, che mi aveva già trasmesso mio padre, agronomo e dirigente pubblico, che ti spinge a ricercare elementi sempre nuovi tra le peculiarità e le ricchezze che sono presenti nella nostra e in altre comunità. Un messaggio, quello che Isi Benini ha lasciato, indelebile e per questo, sempre attuale. In allegato a questa ricostruzione della figura del giornalista Isi Benini una photo gallery con le immagini ferragostane dei luoghi di ritrovo e coesione sociale e culturale di una città di origini rurali ed emporiali qual è Udine. La città nella quale ha vissuto e operato Isi Benini. Le osterie, i bar, i ristoranti, le locande attive allora e tuttora presenti. Ritratte nel periodo ferragostano, per non violare la privacy e le norme anti contagio. Immagini amatoriali scattate senza accorgimenti particolari, perché i luoghi e gli edifici da soli danno il senso dell’attrattività di una città di non grandi dimensioni, ma da sempre animata da una grande forza culturale e imprenditoriale.

Carlo Morandini