IL VINO TERRANO MOTIVO DELLA NASCITA DELLA PRIMA DOP TRANSNAZIONALE AL MONDO

  23 Marzo, 2016

 

SE NE E’ PARLATO A PORTOPICCOLO (SISTIANA-TS) ASSIEME A 33 PRODUTTORI ITALIANI E SLOVENI

Lo chiamavano così gli antichi romani: ‘Teranum’, un vino che si fa nel Carso, da Duino a Muggia, con una varietà di refosco dal peduncolo verde, non rosso come quello che era diffuso al tempo degli antichi

romani nella Riviera Friulana e nell’agro aquileiese. Poi nell’intera pianura friulana e nella zona pedecollinare del Friuli. Un vino rosso che ha un profumo di frutti di bosco, ribes nero, e caratteristiche gustative leggermente aspre, e amarognole. E’ stato scelto dai produttori del Carso come vino bandiera, tra i vini rossi del vigneto del Friuli Venezia Giulia, delle terre carsiche. Come per i bianchi lo è la Vitovska. Non solo. Ma considerata l’area di produzione, che si estende sull’intero Carso sloveno, sarà il motivo per realizzare la prima Dop al mondo transnazionale. Se ne è parlato a Sistiana, che si trova nel cuore della zona di produzione, a poca distanza dalla collina delle ghiaie dove secondo i ricercatori si realizzava, su una coltivazione a terrazze, uno tra i migliori. La location, quella esclusiva di Portopiccolo, che dopo il convegno sui tratti storici del Terrano ha regalato nella parte degustativa, l’ottava edizione di ‘Teranum’, i suggestivi scenari del tramonto adriatico. Proprio ieri sera, a Lubiana, i viticoltori del Carso e quelli del Carso sloveno, Kras, hanno stretto un patto per la realizzazione della prima Dop internazionale al mondo. quella del Terrano. Un riconoscimento, un accordo transnazionale, che darebbe vigore all’area, porgendo finalmente ai produttori di una viticoltura spesso eroica, perché praticata tra le mille difficoltà di un territorio davvero disagiato, l’opportunità per affermare quella qualità che ormai, per gran parte, i produttori hanno raggiunto. Sul progetto concorda anche la Regione. E come ha sostenuto l’assessore alle Risorse agricole e forestali del Friuli Venezia Giulia, Cristiano Shaurli, intende sostenere questo percorso che dovrà coinvolgere dapprima i due Paesi, quindi dovrà raggiungere l’Ue per l’approvazione definiva della nuova zona di produzione transnazionale. Terrano, forse il ‘Pucinum’ citato da Plinio nella Naturalis historia, che più di com’è stato per il Prosecco porterà la zona del Carso al centro dell’attenzione dei degustatori, dei gourmet, dell’economia che ruota attorno al pianeta vino, come ha detto Shaurli è un ‘vino che nasce tra noi’. In questo territorio. Secondo il ricercatore Fulvio Colombo, che ne ha ripercorso il cammino legato alla storia dell’area, deriva il suo nome proprio dal territorio. Non vi sono infatti toponimi dai quali si può fare discendere la denominazione.  Né può derivare dalle caratteristiche del vino, che nel’800, l’epoca nella quale conobbe la maggior diffusione e l’apprezzamento, era totalmente diverso dal Terrano dei nostri tempi. Ed era considerato medicamentoso, anche in relazione al fatto che si riteneva che chi lo consumava vivesse più a lungo. In Istria veniva venduto anche come medicina. Numerosi furono infatti gli ultranovantenni e i centenari nella zona del Carso. Né è pensabile, che il nome Terrano derivi dal tipo di coltivazione. Anzi, le viti di Terrano si sviluppano, erano e sono coltivate ben distanti dal suolo. Quello che 33 produttori hanno proposto in degustazione al termine del convegno, sia italiani che sloveni, è un prodotto enologico che si presta anche all’invecchiamento. Castelvecchio, Castello di Rubbia, Skerk, Zidarich, e gli altri produttori, assieme ai produttori di formaggi e del prosciutto del Carso, hanno potuto dimostrare il loro attaccamento al loro territorio. Del quale il Terrano è divenuto una bandiera. E con le uve del quale, ed è stato proposto in degustazione, è prodotto anche un gradevole succo. Il tutto accompagnato dai cibi preparati, tutti con il Terrano, da Tomaz Kavcic, del ristorante Pri Lojzetu, di Zemono, a poca distanza da Nova Gorica, e dal Maxi’s, di Portopiccolo. Il Terrano, com’era stato ricordato nel corso del convegno, aveva vissuto una grande stagione agli inizi dell’800, quando i degustatori cominciarono ad appassionarsi ai vini non dolci. Anche sull’onda dello sviluppo della vinicoltura francese. Nel 1858, con il nome Pucino, è il tema di un affresco realizzato al Castello di Miramare da Cesare dell’Acqua su commissione di Massimiliano d’Austria. Nel 1554 iniziò a essere ritenuto utile per la salute, secondo Pietro Andra Mattioli, di Gorizia. E nel 1880 era utilizzato come medicinale anche a Vienna. Ma si parlava di Terrano per un brindisi per la prima volta nel 1289. Tappe, di una storia che è frutto della passione di uomini e donne che hanno vissuto per trasformare lande non ospitali in vigneti. Per gettare le basi della realizzazione di un vino senza confini. Quale, il Terrano sta per divenire. Un’idea che ha avuto il battesimo in un contesto di pregio: in due dei ristoranti di Portopiccolo. Che è il complesso residenziale e turistico, frutto di un progetto ardito (come ardito poteva sembrare quello di fare di un vino uno strumento per collegare due Stati, due popolazioni con lingue e tradizioni diverse), che ha visto trasformare una cava di pietra esaurita tra i faraglioni e la costiera carsica, e il mare.

Carlo Morandini