Fake o certezze: viaggio nell’informazione in tempo di pandemia.
2 Maggio, 2020“Oggi si può andare al parco”, “non si può ancora andare al parco”, “da oggi si può andare ad acquistare il gelato dal gelataio”, “non si può andare ad acquistare il gelato, può solo essere consegnato a casa su prenotazione”, “come altri prodotti alimentari il gelato, la pizza i panini, possono essere consegnati da oggi a domicilio”, “la scuola ripartirà a settembre”, “la scuola riaprirà a metà maggio”, “la scuola a settembre probabilmente sarà ancora in DAD, la Didattica a distanza”, “gli esami di maturità non si faranno”, “gli esami di maturità saranno sostituiti da una prova da casa”, “l’esame di terza media sarà sostituito da un test on line”, “l’esame di terza media si farà”, “il 15 maggio si ritorna a scuola”, “da lunedì tutti potranno raggiungere la seconda casa per lavori di manutenzione o pulizie”, “forse da metà maggio si potranno raggiungere le seconde case se situate nello stesso Comune”, “le seconde case potranno essere raggiunte ma non se si trovano in Regioni diverse”, “si potrà andare in auto fino ai luoghi dove si possono svolgere le pratiche sportive”, “si possono raggiungere i parenti per una visita rispettando le prescrizioni e con i dispositivi di sicurezza”, “forse da lunedì si potranno visitare i congiunti”, “i congiunti sono i familiari ristretti”, “i congiunti sono anche i parenti fino all’ottavo grado”, “si potrà visitare un amico o un’amica”, “la nuova autocertificazione non prevede che sia indicato il nome dell’amico, questione di privacy”…
Non vorrei tediarvi, ma potrei riempire pagine e pagine del web con tutti i messaggi con i quali siete stati bombardati dalla partenza dell’emergenza, e del ‘lockdown’, la chiusura totale.
La saga dell’imprecisione e delle incertezze. La colpa? La colpa non sta mai tutta da una parte. Il risultato? Che nella pubblica opinione, ma in particolare in ogni singolo cittadino o cittadina, è stato generato il timore del dubbio. Il dubbio di sapere, o non sapere, che cosa si può fare o che cosa non si può fare.
Perché tutti, e tutte, d’improvviso, ci siamo ritrovati blindati nelle case, senza poter svolgere quasi nessuna delle nostre attività quotidiane. O quasi tutte.
Ma quali. Forse, un po’ di sana paura degli effetti di una malattia che in pochi giorni dilagava a vista d’occhio nel mondo, ci voleva per indurci a rispettare regole, alcune semplici accorgimenti di buona educazione che avevamo dimenticato vittime di una società liquida senza riferimenti né modelli da imitare.
Ma forse, sarebbe stato meglio se non ci fosse stato questo fluire continuo di informazioni spesso incontrollate, o a volte non verificabili, che invece di aiutarci generavano ancor più confusione e irritazione tra chi era già costretto a limitare sé stesso, i suoi familiari o conviventi, in quelle che conosciamo come normali libertà quotidiane.
Notizie incontrollate e non verificabili: nello slang giornalistico e della comunicazione sono le Fake news.
Ne siamo circondati ogni giorno. Sono frutto di un sistema di notizie in rete e di comunicazione che mette in competizione chi racconta prima degli altri una novità. Che il sistema digitale lancia in prima linea.
E che dopo pochi secondi annulla facendo entrare al suo posto una ulteriore notizia. Poco importa se sia sullo stesso argomento. Se sia attinente.
Se risponda al vero o possa ingenerare confusione, panico, rassicurare o dare certezze. È frutto di una società che prima della pandemia si inseguiva a velocità frenetica e senza meta.
Per raggiungere obiettivi sconosciuti o invisibili. E che forse ora è ancor più appesa a quella sorta di albero delle notizie che rappresenta il vademecum da seguire per poter essere aggiornati sulle nostre possibilità di vivere la quotidianità e sulle prospettive per un futuro che per oggi è il domani.
Un dedalo di input che ci ha bersagliati da fine febbraio a oggi, stando alle quali era vero tutto e il contrario di tutto. Ma come ci possiamo difendere da questa selva intricata e inarrestabile di lanci di agenzia, brevi, annunci flash, post sui social…
L’unico modo è cercare di conoscerne le fonti. Di sapere di cosa si tratta. Di essere certi della loro provenienza. Proprio poche settimane fa ho risistemato parte della mia biblioteca. E ho riesumato un libro adatto non soltanto per i giornalisti: “Come si legge un giornale”. Era di fine anni ’70: Omar Calabrese e Patrizia Violi.
Per affidarlo a mio figlio quale lettura didattica. Non scolastica. A parte che lui vi ha trovato tra le pagine un biglietto della biblioteca civica ‘Ioppi’. La data? 31 marzo 198xx. Il giorno prima del mio primo giorno di lavoro da addetto stampa dell’Ente più importante della mia realtà.
Ovvero, fino all’ultimo giorno da ‘precario’ ero andato tra i libri. Ma l’aspetto più significativo è che quel libro parla del passaggio tra l’informazione della carta stampata, i quotidiani e i periodici, e la televisione. Mettendo in luce aspetti che, io e il mio giovane interlocutore, rivediamo oggi riflessi, o replicati, nel passaggio tra i quotidiani, la carta stampata, sempre più in difficoltà, la televisione e il web.
Al quale, regge soltanto la ‘vecchia’ radio, capace di attirare l’attenzione e trattenere l’ascolto. Magari alla guida dell’auto, ma anche in ufficio o a casa.
Perché è comunque capace di emettere immediatamente l’ultim’ora. Chi vincerà questa sfida dell’informazione? Non la comunicazione, quella pubblicitaria, che avendo ridondato così fortemente e a lungo su tutti i mezzi e gli scenari, oramai viene bypassata con ‘nonchalance’ non soltanto dai lettori, spettatori, ascoltatori, navigatori più scafati o esperti.
Potrà vincere, sicuramente, l’informazione qualificata e preparata. Quella fornita dalla stampa specializzata potrà sicuramente fornire un contributo importante. E dare risposte attendibili a chi ne sente la necessità. Che oggi, tuttora nell’emergenza, sono tutti i cittadini.
Su questo argomento, ARGA FVG ha in programma di organizzare un confronto, e un corso formativo per i giornalisti. Assieme ad ARGA Lombardia-Liguria e ad altri Colleghi, per fornire un contributo concreto alla corretta informazione.
Che passa attraverso la formazione degli operatori dell’informazione. Perché è loro compito districarsi tra una selva di fake news per fornire ai cittadini notizie verificate e riscontrabili. Carlo Morandini